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LA BANDIERA INDIPENDENTISTA
Leone Marciano fiero con libro aperto e la spada impugnata simbolo della Pubblica Giustizia
A proposito dell’inno nazionale veneto
Gli inni nazionali, si sa, sono un prodotto della nefasta rivoluzione di Francia e del suo nazionalismo esasperato.
Gli “inni nazionali” non c’erano nelle società tradizionali, nelle quali Stato e Nazione quasi mai coincidevano, esistendo Stati plurinazionali (come l’Impero d’Austria e, perfino, la Francia monarchica) o più Stati entro un’unica Nazione, come nel caso degli Stati preunitari della Penisola italiana.
Inoltre, spesso, il termine Nazione indicava il luogo di nascita, onde si diceva di taluno che fosse di “nazione bresciana o veronese” ecc.
Parlare dunque di Inno Nazionale Veneto, a proposito del brano finale della Giuditta trionfante di Antonio Vivaldi, cui si riferiscono il link e il testo qui sotto (nell’originale latino e nella sua traduzione italiana) è un falso storico ed è ― di là dalle buone intenzioni ― un procedimento aberrante e del tutto anti-tradizionale: quello di cambiare e involgarire le parole, nel segno di uno spirito libertario-egualitario moderno e di arrangiare lo spartito.
La Tradizione, come dice la parola stessa (dal latino tràdere, consegnare, trasmettere) consegna, non inventa; nel presupposto che ciò che trasmette sia vero e perciò, destinato a valere oggi, domani e sempre, non meno di ieri.
Essa dunque osserva un religioso rispetto del passato, dei suoi princìpi, della sua dottrina e persino delle sue forme, in quanto ne esprimono la sostanza. Meno che meno adultera o parafrasa involgarendo un testo tanto nobile, che rimanda alle glorie della Serenissima, quelle autentiche, non inquinate da chauvinismo neo-rivoluzionario.
Se un domani la risorta Repubblica del Leone, che dovrà essere cattolica e tradizionale, vorrà adottare queste musiche quale proprio inno ufficiale di Stato (non mai quale “inno nazionale”, che è un concetto giacobino, ripugnante alla concezione tradizionale dello Stato) potrà legittimamente farlo, ma ciò avverrà certamente riprendendo il brano nella sua versione sacrale originale; e lo farà non con un’imposizione o per invenzione di chicchessia, ma in nome di una consuetudine (e torniamo di nuovo al concetto di tradizione) osservata da tutti, in forza della quale ciascuno si riconoscerà naturalmente in quel brano che, dunque, acquisterà un carattere patriottico di ufficialità.
Ecco allora le parole del finale di questo Oratorio Militare Sacro vivaldiano: Salve invicta Juditha formosa … con elogio dell’eroina dell’Antico Testamento, Giuditta, prefigurazione della Vergine Santissima (si noti l’attribuzione alla prima del titolo di Spes nostrae salutis o di Regina maris che sono distintivi squisitamente mariani).
Da Giuditta e dalla Vergine Santissima il brano trasla alla nobile Repubblica Marciana, con apoteosi finale della grandezza della Serenissima (Adria), quale Stato patrizio cattolico che trionfa sul Turco (barbaro trace) e assicura il regno della pace perpetua.
VIDEO DI CANAL SULLA BANDIERA
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